Le origini della chiesa sembrano essere legate al passaggio da Anghiari di Thomas Becket (1115-1170), Cancelliere di Enrico II d'Inghilterra ed Arcivescovo di Canterbury. Egli ottenne nel 1164 da Rolando di Montedoglio, Abate di San Bartolomeo, le carbonaie del Castello che si trovavano fuori delle mura, dove gli Spedalieri di S. Antonio Abate, suoi accompagnatori, costruirono delle celle ed un oratorio dedicato a S. Antonio. Nel XIII secolo la comunità passò alla regola di S. Agostino e poco dopo, sopra l'oratorio, fu edificata una chiesa dedicata al Santo. In seguito al crollo del campanile, l'edificio fu ampliato nel 1464 all'indomani della conquista fiorentina, quando anche tutto il quartiere circostante fu oggetto di un ampio intervento edilizio che definì le caratteristiche urbane mantenutesi fino ad oggi. La chiesa è stata recentemente restaurata.
Alle origini era probabilmente un tempio rupestre. L'esistenza della chiesa è testimoniata per la prima volta in un documento del 1105. Fu inglobata come oratorio nel Monastero Camaldolese di S. Bartolomeo e costituì il primo luogo di culto cristiano dentro il nucleo fortificato di Anghiari. Ricostruita nel XIV secolo dai Tarlati, già nel 1446 mostrava la particolare pianta asimmetrica composta da quattro campate con volte a crociera. Custodisce all'interno due sculture lignee di grande rilevanza storico-artistica: la Madonna con bambino attribuita a Tino di Camaino (1317 ca) ed un Crocifisso della fine del XIII secolo. Di notevole interesse è inoltre la torre campanaria, collocata centralmente: ha sezione quadrata, non cuspidata, aperta sui quattro lati da bifore.
Costruita fra il 1628 ed 1740 e restaurata più volte, la chiesa ospita all'interno, dietro l'altare maggiore, la Madonna delle Grazie, terracotta invetriata della bottega di Andrea della Robbia. Altre opere di rilevante valore sono due dipinti del pittore fiorentino Giovanni di Antonio Sogliani (1492-1544): la monumentale tavola con l'Ultima Cena e la Lavanda dei piedi , entrambe oggetto di un recente restauro. Sopra l'altare di destra è la tavola con la Deposizione dalla Croce (1515) di Domenico di Bartolomeo Ubaldini detto il Puligo, ricordata da Vasari come 'dell'opere sue la migliore'. Chiesa e Convento della Croce La chiesa, fondata nel 1499 dalla Confraternita di Santa Maria del Borghetto nel luogo dove San Francesco aveva innalzato una croce, fu terminata nel 1566. Dapprima dedicata al Santo di Assisi, solo dal 1537 ricevette il titolo attuale. Il convento fu oggetto di un ampliamento nel 1563 cui fece seguito l'aggiunta del loggiato sulla facciata della chiesa (1565). L'interno, a navata unica, è ornato da altari in pietra cinque-seicenteschi eretti dalle maggiori famiglie anghiaresi, su cui sono inseriti dipinti di scuola fiorentina del Seicento, come il Ritrovamento della Croce (altare maggiore) e l'Immacolata Concezione di Domenico Cresti detto il Passignano (altare di destra).
La chiesa è situata nell'antica Via del Borghetto, oggi Via Taglieschi, ed è stata ultimata nel 1442. L'edificio nel quale sorgeva è ricordato dallo storico Taglieschi come 'casalino', acquistato nel 1439 con il contributo dei 'denari di Baldaccio Bruni', capitano di ventura. Prima della sua costruzione, Anghiari non possedeva un fonte battesimale e gli abitanti utilizzavano quello della Pieve di Santa Maria a Micciano. Dell'edificio originale è visibile il portale d'ingresso in pietra sul quale è incisa la data 1442, anno in cui fu riconosciuto al paese il diritto al fonte battesimale, sotto il pontificato di Eugenio IV. Il portone d'ingresso è una copia filologica dell'originale, il quale è stato restaurato recentemente dall'Istituto Statale d'Arte di Anghiari ed è custodito all'interno della scuola. Il fonte è stato rimosso nel 1569 e collocato nella Pieve di Santa Maria alla Sovara.
Scendendo da Anghiari lungo lo stradone trecentesco si arriva alla piccola chiesa di Santo Stefano, posta all'inizio della vasta pianura che giunge fino a Sansepolcro. La struttura architettonica dell'edificio è stata pesantemente alterata nei secoli e riportata alla luce con un restauro effettuato intorno al 1970. E' un tempietto in laterizi di impianto alto-medievale (VII-VIII secolo) con evidenti caratteri d'influenza bizantino-ravennate. Ha una pianta centrale quadrata chiusa da tre cappelle semicircolari. All'esterno il vano principale è decorato da tre arcate cieche su ciascun lato, da cui sporgono le cappelle a guisa di absidi: probabilmente queste alludevano al simbolo cattolico della Trinità in un territorio che era conteso con i Longobardi di fede ariana. All'interno il vano centrale è unito alle cappelle da archi a tutto sesto su colonne di spoglio romane, con capitello ionico. Pregevole la tavola quattrocentesca con la Madonna con Bambino e Santi del pittore fiorentino Domenico di Michelino.
La chiesa, posta lungo il rettifilo trecentesco, fu costruita tra il 1637 e il 1746, presumibilmente sulle preesistenze di un ospedale per viandanti intitolato a San Martino. L'edificio è inglobato all'interno di una vasta unità edilizia con cortile porticato su due piani. La facciata presenta un semplice architrave in pietra sormontato da una croce di ferro e nel portale in legno è incisa la data 1639. L'interno, a navata unica con due campate voltate a crociera, presenta una decorazione a stucco di gusto tardobarocco e sulla volta un affresco seicentesco di ambito toscano con l'Apparizione di Cristo alla Maddalena.
La cappella fa parte dell'antico complesso voluto da Benedetto Corsi, fatto costruire tra il 1777 e il 1794, di cui fanno parte anche il Teatro e Palazzo Corsi. Edificata tra il 1777 e il 1778, era dedicata a S. Tommaso da Villanova, patrono della famiglia Corsi. L'edificio ha all'interno tre campate voltate a botte ed un corridoio perimetrale al quale corrisponde, nella zona superiore, un matroneo: conserva inoltre l'ornamentazione settecentesca fatta di preziosi marmi, disposti in sequenze cromatiche. Nel 1900 venne acquistata dal Comune, nel 1919 fu creato un comitato per il "restauro" e nel 1925 la facciata fu completata su disegno dell'architetto Remo Magrini.
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