Ad Anghiari, il 29 Giugno dell'anno 1440, fu combattuta la battaglia fra Fiorentini, vincitori, e Milanesi.
Niccolò Machiavelli sottolinea come la vittoria di Firenze fu molto utile alla storia di Toscana, permettendole di continuare ad avere una forte egemonia nei territori che furono alla base della nascita dello stato. Le conseguenze della battaglia toccano anche noi contemporanei: qui i "confini di Toscana" sono gli stessi dal 1441.
La Battaglia di Anghiari si svolse sotto le mura del paese, dove la collina incontra la valle in cui scorre il Tevere. Il luogo della battaglia è ancora oggi riconoscibile grazie alla Maestà della Vittoria, costruita nel 1441 a ricordo della memorabile vittoria.
Lo scontro fu uno dei momenti culminanti della guerra tra la Signoria dei Visconti (Milano) e la Repubblica Fiorentina. Niccolò Piccinino, capitano delle milizie milanesi, sperando di cogliere impreparati i nemici, ordinò di attaccare Anghiari ad un’ora insolita, ma presto venne avvistato. Dopo alterne vicende e dopo quasi sei ore di battaglia, i fiorentini riuscirono a costringere alla fuga le truppe di Milano.
La Repubblica Fiorentina, dopo la vittoria, fece una serie di concessioni al paese di Anghiari. I cronisti ricordano che la città fu esentata, per dieci anni, dal pagamento della tassa del "Monte delle Graticole". Sempre per volere dei fiorentini gli anghiaresi ogni anno, nel giorno dedicato ai Santi Pietro e Paolo, potevano organizzare una fiera pubblica "senza alcuno pagamento di gabella o dogana" e correre un Palio, che si corre anche oggi ogni 29 Giugno, il Palio della Vittoria.
Scoprire la storia non è mai stato così istruttivo e divertente, nella sezione dedicata alla battaglia si trovano le ricostruzioni e le informazioni su uno degli eventi più importanti d’Italia.
Leonardo da Vinci lavora dal 1503 al 1506 alla Battaglia di Anghiari. Dopo aver elaborato per oltre un anno il cartone preparatorio nello studio per lui allestito nella Sala del Papa presso il Convento di Santa Maria Novella, iniziò il lavoro nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Vecchio. Qui realizzò solo la parte centrale di quella che doveva essere una grande pittura murale, dipingendo la cosiddetta Disputa per lo Stendardo. Per la sua opera, Leonardo, rifacendosi presumibilmente all’Historia Naturalis di Plinio il Vecchio, aveva utilizzato una tecnica a olio simile alla pittura ad encausto. Tale sistema, pur avendo dato buoni risultati alla prova su un piccolo dipinto, si rivelò molto instabile sulla grande parete. Accesi grandi fuochi davanti al dipinto per asciugare i colori, come suggerito da Plinio, la pittura si danneggiò irrimediabilmente. In seguito a questo disastroso esito tecnico, tra il 1505 e il 1506, Leonardo sospese i lavori e partì alla volta di Milano. Nel 1563 il capolavoro incompiuto di Leonardo fu nascosto dagli affreschi di Giorgio Vasari nell’ambito delle modifiche strutturali e iconografiche di Palazzo Vecchio commissionate dal duca Cosimo I de’ Medici. Inoltre i lavori trasformarono anche la Sala del Gran Consiglio nell’ambiente oggi noto come Salone dei Cinquecento.
Sebbene oggi il capolavoro leonardesco, purtroppo, non sia sopravvissuto, tuttavia ne rimangono i disegni preparatori che lo stesso Leonardo aveva realizzato per il cartone del dipinto (o della pittura murale). In questi due disegni preparatori, conservati oggi a Budapest, traspare la consapevolezza dell’universalità di certi istinti primordiali: il volto dell’uomo, devastato dalla ferocia, subisce una terribile, brutale metamorfosi finalizzata ad esprimere l’essenza della guerra, definita dallo stesso Leonardo “pazzia bestialissima”. Il primo disegno corrisponde alla figura di un guerriero che si trova nella parte destra della scena: potrebbe trattarsi di Pier Giampaolo Orsini, il giovane condottiero fiorentino. Al contrario invece il guerriero che urla, con la testa di tre quarti, del secondo disegno è abitualmente identificato con Niccolò Piccinino, il condottiero alla testa delle truppe milanesi.
Il Museo della Battaglia e di Anghiari è l’unico Centro di Documentazione sull'opera. È aperto al pubblico per la consultazione e l'approfondimento di tutti i disegni e le opere dedicate alla Battaglia di Leonardo, con la possibilità di osservarne i dettagli e compiere misurazioni grazie alla realtà aumentata e alle schede digitali.
Fino al 3 MAGGIO 2020 il museo ha ospitato un'importante mostra leonardesca, LEONARDO DA VINCI AD ANGHIARI
L’unica parte della Battaglia di Anghiari di cui si è conservata la memoria è la cosiddetta Disputa per lo Stendardo, cioè il gruppo comprendente quattro cavalieri che si contendono il vessillo, due fanti in lotta e un terzo guerriero a terra, tra le zampe dei cavalli. La conoscenza di questo episodio si basa su alcuni testi descrittivi dell’epoca e su un discreto numero di copie (o versioni), alcune di esse cinquecentesche.
La versione generalmente attribuita a Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), conservata al Louvre, mostra sia un’elevata qualità artistica che una soddisfacente quantità di dettagli; molti studiosi infatti la considerano come sintesi delle antiche copie e delle descrizioni testuali. Grande successo di questa versione è testimoniato dal lavoro a bulino di Gérard Edelinck (Anversa 1640 – Parigi 1707), incisore di corte di Luigi XIV, che ne realizza la stampa in controparte, oggi molto rara, ed esposta al pubblico nel Museo della Battaglia e di Anghiari. Tra le repliche più vicine cronologicamente all’originale leonardesco vi è un dipinto a olio su tavola esposto nella Sala di Ester del Museo di Palazzo Vecchio. Di autore ignoto, offre una versione selettiva della celebre scena, omettendo di riprodurre il terzo fante caduto a terra e lasciando senza colore alcune parti. Quest’ultimo particolare l’avvicina ad un’altra celebre versione, conosciuta come Tavola Doria, recentemente attribuita a Francesco Morandini (Poppi 1544 - Firenze 1597). Altra versione policroma della celebre composizione leonardesca è quella conservata presso il Museo Horne di Firenze, che presenta dettagli compositivi difformi da, ad esempio, un disegno cinquecentesco proveniente da Casa Rucellai a Firenze, oggi in collezione privata.
La notorietà della battaglia di Anghiari è legata al nome di Leonardo da Vinci che nel 1503 ricevette l’incarico, da parte del Gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, Piero Soderini, di rievocare pittoricamente il celebre episodio storico nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Vecchio a Firenze, mentre Michelangelo Buonarroti avrebbe dovuto rappresentare nello stesso salone, la Battaglia di Cascina che aveva visto, nel 1364, i fiorentini opporsi vittoriosamente ai pisani. Nel clima fervido della Repubblica Fiorentina la decorazione del luogo di maggiore rappresentanza della città necessitava di episodi significativi mitizzati da artisti autorevoli. Soderini aveva avviato un confronto artistico molto significativo, tanto che Benvenuto Cellini nel 1574 definì i cartoni delle opere incompiute dei due artisti “la scuola del mondo”.
Delle tante opere scomparse nel corso del tempo la Battaglia di Anghiari, proprio per la sua natura di capolavoro della storia dell’arte, ha generato negli ultimi decenni un dibattito intenso.
A partire dal 1968 gli studiosi Alessandro Parronchi e Carlo Pedretti richiamarono l’attenzione sulla possibilità che, sotto gli affreschi vasariani, si conservasse ancora una traccia della pittura di Leonardo.
Nel 1976 l’Ing. Maurizio Seracini fu tra gli specialisti incaricati di svolgere una campagna di indagini diagnostiche nel Salone dei Cinquecento, con la collaborazione di Carlo Pedretti.
Su di una bandiera che compare nella scena raffigurante la Battaglia di Marciano in Val di Chiana, fu individuata una iscrizione “CERCA TROVA”, che alcuni riconducevano ad una sorta di indizio lasciato da Vasari ai posteri , ma che invece è una frase che cita, in chiave ammonitoria, il motto dei fuoriusciti fiorentini che combatterono contro il futuro Granduca Cosimo I de’ Medici a metà del XVI secolo.
Nel 2012 è stata promossa una campagna di ricerche condotte ancora da Maurizio Seracini, il cui risultato è stato il recupero di frammenti di colore che potrebbero risalire al tempo di Leonardo.
Nel 2016 un grande convegno, promosso e realizzato dal Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze, dal Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max Planck Institut e dalla Biblioteca Leonardiana di Vinci, i cui atti sono stati pubblicati durante le celebrazioni dell’anno leonardiano nel 2019, ha raccolto i nuovi studi sulla vicenda del “leonardo scomparso”, portando numerose novità sul tema, alcune delle quali tendono a evidenziare come la rappresentazione della “zuffa per lo stendardo” possa essere stata realizzata solo sul grande cartone preparatorio e non sulla parete.
Gli studi ed i dibattiti contemporanei sono la conferma dello straordinario successo di questa sfortunata raffigurazione di Leonardo da Vinci.
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