INTRODUZIONE SALA UNO

Arte e società degli uomini d'armi anghiaresi

 

La ricca società fiorentina del Quattrocento proponeva variegate possibilità di commissionare opere d’arte. Accanto alle botteghe dei più grandi e celebrati maestri ve ne erano altre che imitando o riutilizzando le forme dei primi si assicuravano una considerevole fetta di mercato, rivolto soprattutto alla piccola e media borghesia. 

La necessità sociale di ottenere prestigio attraverso l’arte si commisurava così alle finanze del committente, che poteva accaparrarsi una pregevole opera per uso domestico oppure per altari dedicatori in edifici religiosi.  Opere di questo genere, ma anche commissioni più impegnative,  si trovano menzionate nei documenti che riguardano gli uomini d'armi anghiaresi.  Inoltre, come a sottolineare l’importanza di Firenze quale riferimento sociale, economico e culturale, si fa notare come tutte le commissioni artistiche anghiaresi vengano effettuate in quella città. Ad esempio Giusto Giusti incarica Giovanni di Francesco del Cervelliera di dipingere una tavola con San Nicola Vescovo; Matteo Taglieschi fa scolpire un altare con Santa Maria Vergine e San Matteo al lapicida Santi da Settignano; Gregorio di Vanni fa realizzare un dipinto all’ignoto pittore fiorentino “alla greca” Piero di Lorenzo. Purtroppo tutte opere scomparse. Ma queste notizie, testimoniano il fervore culturale di quegli uomini d’armi. 

I tabernacoli lignei qui presenti, la piccola Madonna con Bambino del cosiddetto Maestro di San Miniato e il tabernacolo dello Pseudo Pier Francesco Fiorentino, sono straordinari esempi di opere devozionali che testimoniano quel clima culturale diffuso nei notabili del tempo, i quali amavano arricchire gli ambienti domestici di manufatti à la page ma ad un costo sostenibile.

 

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