Federigo Nomi, Le opere

 

E volentieri ho durato fatica
Per crescer fama a questi due paesi,
Perch’io del Borgo ho l’origine antica
Ed in Anghiar dal materno alveo scesi,
E di più l’una patria e l’altra amica
A gara fummi, e i cittadin cortesi
M’hanno mostrato, e mostran tale affetto,
Che ad amargli del paro io son costretto” 
 

Federigo Nomi (Anghiari, 31 gennaio 1633 – Monterchi, 30 settembre 1705), ordinato sacerdote nel 1656, così sintetizza in versi ciò che lo ha spinto alla composizione del Catorcio di Anghiari, (1683/1685) il poema eroicomico edito postumo nel XIX secolo ma che è senza dubbio, ad oggi, la sua opera più nota. Il racconto in versi della disputa del chiavistello fra gli anghiaresi e i biturgensi (abitanti di Sansepolcro), ispirata alla vera storia accaduta nel 1450 quale conseguenza locale della Battaglia di Anghiari (29 giugno 1440), precede la composizione della Buda liberata, opera stampata a Venezia nel 1703 e ispirata alla presa di Budapest (1686) da parte degli eserciti imperiali sconfiggendo gli occupanti turchi, episodio questo che larga eco ebbe nella società del tempo. La Buda e il Catorcio, all’interno della feconda attività di scrittore, sono ispirazioni dirette a fatti realmente accaduti e rappresentano una viva sensibilità verso gli episodi storici, di conseguenza Nomi non manca di omaggiare nel Catorcio di Anghiari personaggi veramente esistiti:

 

“Ottavio Giusti, il codice e i digesti
Lasciati, s’era messo la corazza,
e Nicandro Fontana e Cammil Testi
Correano armati di ferrata mazza,
Ma Girolamo Magi più di Questi,
Disarmato, in difesa della piazza
Oprava, ex asse istituto erede
Del saper di Frontino e d’Archimede”

 

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